I compensi a titolo di cessione di diritti d’autore costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 49 (comma 2, lettera b) del Dpr n. 917/1986 e, come tali, ridotti del 25% (art. 50, comma 8, del Dpr n. 917/986), sono soggetti a ritenuta d’acconto del 20 % (art. 25 del Dpr n. 600/1973). Gli stessi non sono tra quelli assoggettati alle gestioni separate come “i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), dell'articolo 49 del medesimo testo unico”!!! la ritenuta d’acconto del 20% si applica in sostanza sul 75% del compenso a titolo di cessione di diritti d’autore (art. 110 della legge 633/1941 e art. 2581 del Codice civile); i compensi collegati alla cessione di diritti d’autore vanno denunciati fiscalmente nel Modello unico (Quadro RE) o nel Modello 730 (Quadro D); chi cede i propri diritti sulle opere dell’ingegno (articoli, servizi giornalistici o fotografici, progetti grafici) non paga il 12% all’Inpgi-2. La legge 335/1995, il Dlgs 103/1996, l’Inps, il Regolamento dell’Inpgi-2, la Cassazione civile, il Ministero delle Finanze e…la circolare 16 maggio 1996 dell’Inpgi escludono dalla gestione separata i “soggetti” che ricadono nel campo della cessione dei diritti d’autore. “La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto” (Articolo 110 della legge 633/1941 sul diritto d’autore).
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Diritto d'autore
Il nuovo diritto d'autore estende cronaca e critica
di Franco Abruzzo - 22.05.03
da “Il Sole 24 Ore” del 3 maggio 2003
Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003, emanato in attuazione della direttiva 2001/29/CE “sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione”, sono state introdotte rilevanti novità nel corpo della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore: due riguardano il diritto di cronaca e di critica costituzionalmente garantito.
La nuova normativa tutela ampiamente il diritto di cronaca, modificando e integrando l’articolo 65 della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore con un comma (il secondo, aggiunto di sana pianta) molto chiaro: “La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità , la fonte, incluso il nome dell'autore, se riportato”. Questo comma affianca il primo, che fino al 28 aprile costituiva l’intero articolo 65: “Gli articoli di attualità , di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste o giornali, possono essere liberamente riprodotti in altre riviste o giornali, anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta rivista o giornale e il nome dell'autore, se l'articolo è firmato”.
Il raggio d’azione della nuova stesura dell’articolo 65 è molto più ampio, perché giustifica la riproduzione o la comunicazione al pubblico di opere dell’ingegno (e l’espressione “comunicazione al pubblico” abbraccia anche i media dell’ultima e penultima generazione, quali il web e la tv) con l’esercizio del diritto di cronaca sia pure contenuto nei limiti “dello scopo informativo”. Il legislatore sostanzialmente ha recepito, con 31 anni di ritardo, una massima giurisprudenziale ricavata dalla sentenza 15 giugno 1972 n. 105 della Corte costituzionale: “Esiste un interesse generale alla informazione - indirettamente protetto dall’articolo 21 della Costituzione - e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.
Anche l’articolo 70 della legge n. 633/1941 ha subito un significativo ritocco che allarga la libertà di critica e di discussione collegata all’impiego di parti o brani di parti di opere dell’ingegno: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il vecchio articolo 70 suonava così: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell'opera. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento il quale fisserà la modalità per la determinazione dell'equo compenso. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta”. La novità è costituita dall’espressione “comunicazione al pubblico”, che abbraccia, come riferito, l’utilizzazione di tutti i mass media, vecchi (giornali e radio) e nuovi (tv e web). Ne consegue che “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione”.
E’ vietato, comunque, agire senza consenso quando l’utilizzazione dell’opera dell’ingegno non è a scopo di critica o di discussione. Una massima giurisprudenziale (Tribunale di Napoli, 18 aprile 1997) afferma che “l'utilizzazione di parti o brani di opera altrui in un libro che si autodefinisce dedicato ad un artista scomparso è illecita e costituisce violazione del diritto di autore se manca il consenso del titolare del diritto e se la finalità dell'utilizzazione non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 70 della legge sul diritto di autore (e, cioè, utilizzazione a scopo di critica, discussione o insegnamento). L'erede dell'autore può agire a difesa dei diritti patrimoniali d'autore e di quelli relativi allo sfruttamento economico dell'immagine.
Gli orientamenti internazionali sul diritto d’autore
di Eugenio Prosperetti* – 03.11.05
L’attuale sistema del diritto d’autore – come è noto – è stato ottenuto attraverso progressive evoluzioni di un meccanismo pensato per soddisfare logiche in cui la stampa era il mezzo di diffusione del pensiero principale e la rivoluzione digitale era impensabile.
E’ un sistema pensato per gli editori più che per gli autori in quanto è degli editori la preoccupazione di tutelare il prodotto, ad elevato costo unitario, dell’attività di stampa. Il fattore “costo di riproduzione zero” non esisteva nella mente del regolatore dell’epoca.
In poche parole, il nucleo fondante la normativa sul diritto d’autore tende ad assicurare sistemi accurati di controllo sul “numero di originali prodotti”. Tale sistema, che aveva retto nel momento in cui fare copie “costava” e deteriorava la qualità aveva retto ancora di più nel momento in cui la copia era il risultato di un’attività equivalente alla produzione di un’originale (le prime stampe), è andato in crisi nel momento in cui è stato possibile produrre copie dematerializzate a costo zero e qualità perfetta.
Ciò ha aperto il dibattito, pluriennale ed irrisolto, su come riformare il diritto d’autore.
Sulla necessità di una riforma tutti convengono, sulle modalità esistono molte idee.
In queste poche righe, lungi dall’offrire soluzioni definitive ad un dibattito così complesso e che ha visto una consistente mole di produzione scientifica internazionale e nazionale, vorrei effettuare alcune riflessioni sul ruolo nel sistema che occupa la normativa sul diritto d’autore e sul perché sia di particolare attualità l’argomento della sua riforma.
L’attuale legge sul diritto d’autore è una delle norme più longeve esistenti nell’ordinamento e attraverso tale norma vive uno dei settori economici più importanti di ogni paese: l’industria culturale e dell’intrattenimento. Tale normativa, sin dalla data della sua introduzione, è stata progressivamente aggiornata agli sviluppi del diritto d’autore internazionale (convenzioni e direttive) e, oggigiorno, incorpora ancora la totalità della disciplina del diritto d’autore.
Il costante lavoro di aggiornamento ha tuttavia messo in secondo piano la riflessione sul ruolo che la legge sul diritto d’autore riveste nel sistema: fenomeni come
- i contenuti televisivi su piattaforme diverse da etere/cavo/satellite,
- la musica prelevata da Internet (con pagamento dei diritti o meno),
- l’emergere continuo di nuovi supporti,
- l’open source,
- i format televisivi
- la fotografia digitale
hanno trovato regolamentazioni esterne alla legge sul diritto d’autore (per esempio la “legge Urbani”) ovvero hanno trovato regolamentazioni convenzionali (per contratto o con riferimento a normativa straniera) ovvero non ne hanno trovato affatto.
Oggi il richiamo internazionale a fare di più, e meglio, nell’ottica della competitività e dell’innovazione è forte.
Innazitutto si può citare il rapporto PWC sull’attuazione dell’Agenda di Lisbona con l’ormai notissimo richiamo alla convergenza: “Any content, anytime, anywhere”. Soltanto un moderno diritto d’autore, che introduca strumenti di gestione flessibile dei contenuti e dei diritti (es. riforma dei diritti connessi, tutela dei format, più piattaforme definite in normativa) consente l’attuazione razionale di tale programma di sviluppo.
In secondo luogo, si può citare il Rapporto WIPO dell’Online Forum on Intellectual Property in the Information Society (WIPO/CRRS/INF/1).
Dei dieci punti affrontati da tale documento, gli ultimi due riguardano proprio come affrontare la rivoluzione digitale. Si discute di temi quali il peer-to-peer, i nuovi modelli di business della musica online, la distribuzione digitale di contenuti, gli audiovisivi digitali e altro.
Tali temi vengono introdotti dalla WIPO in un interessante contesto di dibattito che si interroga:
1) sulle eventuali opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi modelli di business;
2) sul come recuperare il rapporto tra creazione, tutela e apertura, dopo un certo periodo di tempo al dominio pubblico (logica originale del diritto d’autore, ormai persa).
In effetti, sviluppare il dibattito portato avanti dalla WIPO su tali temi nel documento citato potrebbe portare interessanti spunti.
Il documento porta infatti come dato che nel 2005 dal 60 all’80% della totalità del traffico Internet internazionale è da mettere in relazione al file sharing (di tutti i generi).
Dal documento WIPO emergono due dati:
1) il 10% del materiale scaricato con file sharing è legale.
2) le imprese che hanno appoggiato alle tecnologie di file sharing valore aggiunto (accordi per il pagamento forfettario di quanto scaricato, pubblicità commerciale, registrazione a pagamento, ecc.) ne hanno sempre tratto profitto.
Questo tuttavia, come si diceva, avviene in contesti che, almeno a livello nazionale, sono esterni alla normativa sul diritto d’autore – per così dire – trovano pochi riferimenti nella medesima.
L’invito che sembra venire dal WIPO è di lavorare, anche a livello regolamentare, sui nuovi modelli digitali di distribuzione nell’ottica dello sviluppo e a considerare il peer-to-peer come “parte della rete” trovando soluzioni regolamentari appropriate per integrarlo nella legalità e nella gestione collettiva dei diritti. Non vi è insomma una penalizzazione del fenomeno.
E sulla gestione collettiva dei diritti viene in mente la recentissima raccomandazione della Commissione Europea del 30.9.2005 che inizia ad affrontare il complesso problema della concessione di licenze in ambito multinazionale per lo sfruttamento dei diritti d’autore e della competenza per la musica online delle società di gestione colletiva dei diritti (Commission Recomendation on collective cross-border management of copyright and related rights for legitimate online music services).
La sostanza di quanto affermato dalla Commissione, che anticipa le linee future della sua azione normativa, è che il diritto d’autore per la musica online (ma il discorso secondo chi scrive vale per qualunque audiovisivo online) è un diritto d’autore da gestire con nuovi strumenti ed istituzioni transnazionali e che a ciò gli ordinamenti dovranno adeguarsi. In mancanza si paralizza il mercato creando una serie di colli di bottiglia e moltiplicando gli accordi necessari ad autori e titolari di diritti per mettere sul mercato un certo contenuto. Poiché ciò implica costi di gestione alti, l’utente pagherà molto per il contenuto e ciò fomenta la quota di illegalità del mercato.
La Commissione ha dunque previsto tre livelli alternativi di intervento:
1) incentivare la cooperazione tra le società di gestione collettiva europee;
2) consentire licenze in ambito europeo;
3) arrivare ad un gestore collettivo dei diritti.
A seguito della raccomandazione, i titolari dei diritti potrebbero eliminare le restrizioni territoriali alla distribuzione che attualmente si ritrovano nei contratti di licenza. La conseguenza sarebbe la progressiva creazione di cataloghi musicali a livello comunitario. Un tale strumento, lo si ribadisce, necessiterebbe di normativa interna adeguata a supportarne le dinamiche.
Un grande passo avanti sarebbe la creazione di norme volte a “normalizzare” e a riportare nella legalità le piccole infrazioni al diritto d’autore. L’esistenza di pesanti sanzioni penali, spesso non applicate, crea una barriera insormontabile al dialogo sulle riforme ed assimila il singolo utente alla grande organizzazione criminale (quest’ultima da punire con massima severità ).
A ciò si dovrebbe accompagnare il riconoscimento di nuove categorie di opere dell’ingegno, quali quelle che comunemente circolano nel mercato dei mezzi di comunicazione digitali e delle corrispondenti tecniche di tutela.
L’alternativa è navigare a vista come si fa al giorno d’oggi: la legge sul diritto d’autore viene da molte imprese vista come un testo che non contiene le risposte ai loro problemi, non contiene cioè strumenti di tutela efficaci per le loro opere digitali innovative, proteggibili solo con tecniche “di importazione”, mentre contiene una pluralità di mezzi di repressione schierati a difesa di un fortino ormai (quasi) vuoto.
* Consulente, Portolano Colella Cavallo Studio Legale – eprosperetti @ portolano.it